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Non parlateci di comunicazione

Non parlateci di comunicazione

Esistono degli argomenti di cui tutti amiamo discorrere, ma sui quali abbiamo le idee poco chiare (leggi, non ne sappiamo niente). Politica, tecnologia, calcio, sono solo alcuni di questi temi, quante volte, ad esempio, abbiamo sentito parlare di comunicazione? Bene, alzi virtualmente la mano chi sa dirmi in 30 secondi cosa vuol dire.
Negli anni questa famigerata parola ha assunto talmente tanti significati da voler dire tutto e niente. Quel che è peggio è che questa nebbia di senso ha invaso anche il contesto professionale. Tutti fanno comunicazione, in qualsiasi ambito, adducendo a corredo le professionalità più assurde. Nella nostra rubrica tutti possiamo contare almeno una persona che si occupa di comunicazione, e ditemi, cosa fa per vivere?Appunto. Ora, eviterò di dare qui una definizione di comunicazione, potrei non sopravvivere fino a stasera. Posso però parlarvi di due strumenti concreti attraverso cui si fa comunicazione: le pubbliche relazioni e il marketing (lo so è un altro termine mistico, ma vi assicuro che qualcosa di concreto ve lo dirò).

Le pubbliche relazioni (no, le discoteche non centrano) riguardano tutto quello che può servire a stringere, mantenere e consolidare rapporti. Sono gli strumenti che hanno lo scopo di influenzare positivamente gli stakeholders (gli investitori, i partner, i clienti e in genere tutti gli apportatori di valore all’azienda) attraverso messaggi che rappresentino la voce ufficiale e formale dell’azienda. Non messaggi pubblicitari, badate bene, ma semplicemente una trasmissione di informazioni relative all’impresa distribuite attraverso contatto diretto e mezzi di comunicazione di massa; alcuni esempi sono gli uffici relazioni esterne, l’attività di ufficio stampa, l’organizzazione di eventi e in genere tutte quelle attività di comunicazione altamente specifiche come la comunicazione ambientale e la comunicazione di crisi.

E poi c’è il marketing: creare esigenze, stimolare i target di consumatori precedentemente identificati e spingerli all’azione di acquisto, utilizzare le giuste leve per trasmettere ciò che vogliamo al nostro target. Alcuni strumenti di marketing sono: il marketing di brand, di prodotto, relativi al retail (dove materialmente collochiamo i prodotti) e le attività via web (internet e social media management).
La piccola disamina delle precedenti righe ha lo scopo di calare il concetto di “comunicazione” in uno scenario più concreto, reale e tangibile, in strumenti da utilizzare per produrre risultati di medio-lungo periodo. Attenzione però, non stiamo parlando di bacchette magiche in grado di stravolgere la realtà o legarla a meccanismi immediati di causa effetto, anzi. Il compito dei suddetti strumenti è di ridurre al minimo le possibilità di errori di interpretazione, migliorare le possibilità di percezione dell’azienda, dei prodotti e di massimizzare l’efficacia di determinati messaggi, ma senza, purtroppo, alcuna certezza matematica. Personalmente, vi consiglio di diffidare dei venditori di certezze e risultati garantiti (lasciamoli alle televendite).

Provocatoriamente è stato detto, agli albori del marketing,
“La metà dei soldi che spendo in pubblicità è sprecato, il problema è che non so quale metà”(cit. John Wanamaker).

Questa, lo ribadisco, è ovviamente una provocazione. Ci sono brand (marchi) talmente forti da potersi permettere di risparmiare sulla comunicazione specifica di prodotto, perché il marchio è sufficiente garanzia di valore, raggiunto, per altro, trasmettendo valori (perdonate il gioco di parole). Lasciando stare Apple e Ferrari, potremo concentrarsi su un’altra realtà storica: Coca Cola. Il camion rosso, le frizzanti bollicine, i pasti in famiglia, i più moderni “momenti felici”, tutti questi messaggi, ben fissati nella mente del consumatore moderno, hanno costruito la forza del marchio Coca Cola. Non vengono trasmesse nozioni, ma emozioni. Il consumatore non è un’automa, un essere non pensante ed automaticamente influenzabile (quantomeno NON dovrebbe esserlo), è una persona dotata di emozioni, sogni, desideri. Questa è la chiave di lettura che i grandi marchi utilizzano per veicolare i messaggi:  trasmettere emozioni attraverso strumenti concreti. Un’unione tra ragione ed emozione, applicata al business.

Può aver senso? Può funzionare? Come sopra, una certezza matematica nessuno può darcela, ma possiamo provarci.

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